UMANITA’ DI CRISTO JOSHUA ALLA FRONTIERA
Cosa significa per noi cristiani “Dio si è fatto uomo?”
Dall’alto della dottrina teologica alla più semplice delle devozioni, immaginiamo una carta d’identità e cominciamo a chiamarlo per Nome:
Cristo come Messia, colui che doveva venire in Israele a nome di Dio;
Joshua, come il “Signore è la mia salvezza”, tradotto poi in Gesù, Jesus;
I non credenti lo chiamano Cristo, i credenti lo chiamano Gesù.
Occhi:
Nei Vangeli, non è descritto il Suo aspetto fisico, ma il Suo sguardo.
Marco che attinge dalla fonte dei ricordi di Pietro, espone tre varianti:
Guardare attorno
Mc 3,34 – Girando lo sguardo su quelli che Gli stavano seduti attorno disse: ecco mia Madre e i miei fratelli.
Guardare in alto
Mc 6,41 _ Lo sguardo di Gesù si rivolge al Padre prima della moltiplicazione dei pani e dei pesci .
Guardare dentro
Mc 10,27 – Gesù, guardandoli dentro disse “impossibile agli uomini, ma non presso Dio”
Anche Luca attraverso il capitolo 22 nei versetti 61 e 62, ci tramanda l’intensità e la drammaticità del momento “ Poi dopo il tradimento il Signore, voltatosi guardò Pietro. ….. Uscito fuori, pianse amaramente.
Segni particolari:
Prova dei sentimenti
I Vangeli ce lo mostrano spesso commosso e sconvolto di fronte alla morte di un Suo amico: “ Si commosse profondamente, si turbò, scoppiò in pianto, tanto che i presenti commentavano “ Vedi come l’amava. Anche di fronte alla città di Gerusalemme, pensando che sarebbe stata distrutta, Gesù pianse.
Altre volte gioisce e si lascia prendere dall’entusiasmo, come quando i Suoi discepoli tornarono dalla missione “pieni di gioia” e Lui “esultò nello Spirito Santo”. Se non fosse così non avrebbe potuto dire agli apostoli prima di morire : “questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi”.
Sapeva anche stare allegro; non possiamo immaginarlo troppo serio quando era invitato ad un matrimonio o ad un banchetto, infatti i pubblicani, generalmente buontemponi, si trovavano a loro agio con Lui, non per niente i moralisti lo accusavano di essere un mangione e un beone.
Il desiderio
Anche Lui provava intensi desideri: “ Sono venuto a portare fuoco sulla terra, come vorrei che fosse già acceso!”.
E’ interessante osservare che Gesù rivolge i suoi desideri non solo verso il Padre, come quando gli domanda qualcosa nella preghiera, ma anche verso gli uomini, desidera dell’acqua dalla donna Samaritana, “Dammi da bere”. Desidera essere capito almeno dai Suoi amici: Da quanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo?” Desidera quasi con ansia di trovarsi con i Dodici per l’ultima volta: “Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi”.
Per capire il significato del desiderio in Gesù, pensiamo a tutto ciò che desiderare implica: l’attesa, la speranza, il dolore di non vedere realizzato ciò che si desidera, la delusione o la soddisfazione di avere ottenuto. E’ strano pensare che Gesù provava tutto questo. Dio è onnipotente, ma si è fatto uomo fino in fondo.
Amicizia
Gesù come amico. Quando passava dalle parti di Lazzaro e delle sorelle Marta e Maria, amava fermarsi presso la loro casa come ospite.
Chiama “amici” i suoi apostoli, si preoccupa della loro stanchezza, dopo aver predicato alle folle li vuole attorno a lui.
Sente tre di loro particolarmente vicini: Pietro, Giacomo e Giovanni. Li vuole con se quando sente avvicinarsi l’angoscia della crocifissione chiede loro compagnia (rimanendo però deluso). Disse loro: la mia anima è triste fino alla morte restate qui e vegliate con me”(Mt 26,38).
Tentazioni:
Gesù si ritirò nel deserto per quaranta, ma proprio al termine di questo tempo viene tentato. Il diavolo chiede di fare un miracolo per sfamarsi, di dominare il mondo e di usare Dio a suo piacimento. Tre tentazioni di esercitare poteri divini , ma Gesù respinge i tranelli scegliendo l’umiltà, rimanendo uomo fino in fondo.
Anche alla fine viene tentato, dopo aver subito le più orrende torture per tre volte gli viene fatta la seguente proposta (non più dal diavolo in persona, ma per bocca di uomini) “se veramente sei il Cristo salva te stesso, scendi dalla Croce” . La tentazione è sempre la stessa di non essere uomo fino in fondo, ma di usare il potere divino per evitare di soffrire. Sappiamo tutti com’è andata a finire.
Paura:
“Non temete!” Quante volte ha incoraggiato le persone che si accostavano a Lui?
Ha sempre esortato alla fiducia in Dio anche nelle situazioni più drammatiche. Ma anche Lui ha avuto paura, al momento dell’avvicinarsi della passione, nel podere chiamato Getsemani, Gesù cominciò a sentire l’angoscia e la paura.
L’ abbandono:
Riuscì a superare quel momento affidandosi al Padre. Ma al progredire della violenza, flagellato, deriso, picchiato e orrendamente inchiodato sulla croce, cosa ha provato dentro di se Gesù?
Non è facile rispondere. Sappiamo però che proprio prima di morire gridò: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”
La Sua essenza divina viene meno, per fare posto alla natura umana. Per farsi assolutamente uomo come noi. E’ a questo punto che la concezione di “Dio – amore” si manifesta pienamente. Dona la sua vita come atto di amore supremo, per la nostra salvezza. Il Signore è la mia salvezza.
Residenza:
La Sua dimora e nelle periferie del mondo, negli ospedali, nei reparti dove non c’è più speranza ma anche dove la speranza è piccola come il fuoco di una candela, predisposta a divenire un fuoco ardente.
Con questa immaginaria carta di identità si è presentato alla “frontiera”, carico del dono della salvezza. Alcuni lo hanno rifiutato, Israele lo ha ripudiato, ma molti lo hanno accolto.
Ogni giorno si presenta alla frontiera delle nostre vite, piene di affanni e di preoccupazioni, ma ogni giorno carico del dono della salvezza.
Pina Aliberti